Una nuova intervista per un differente punto di vista!

In quest’ultimo periodo abbiamo avuto il piacere di intervistare l’architetto Filippo Saponaro, affermato nella zona del Friuli e del Veneto.
L’obiettivo dell’intervista è stato quello di scoprire il suo punto di vista sul mondo dell’architettura ad oggi, come questo è cambiato nel tempo e di comprendere il suo metodo di approccio al cliente e al lavoro di progettazione in sé.
Cominciamo l’intervista con una breve presentazione.

L’arch. Saponaro è consigliere degli ordini degli architetti per la provincia di Udine ed ha uno studio di architettura in centro città.

La sua più grande passione è stata da sempre la progettazione ed è riuscito negli anni a coronare questo sogno aprendo uno studio a Udine che se ne occupa a 360°.

Il suo studio prende in considerazione lavori di ristrutturazione e progettazione degli interni, degli edifici più disparati: dall’allestimento di showroom, negozi, uffici, case a tutto ciò che riguarda gli allestimenti fieristici.

Entriamo nel vivo dell’intervista: è davvero cambiato il modo di lavorare e la clientela a cui ci si rivolge?

Egli afferma che negli ultimi anni il baricentro si sia spostato e si sia avvicinato all’ascolto del cliente privato.

In precedenza, invece, erano molte di più le richieste da parte delle aziende di piccole e medie dimensioni.

Questo cambiamento è in gran parte dovuto al fatto che le persone, costrette a passare molto tempo in casa durante la pandemia, hanno avuto la percezione dei limiti della propria abitazione e quanto questi vadano ad incidere sul loro benessere.

Ma qual è la particolarità di Filippo nel suo tipo di progettazione?

A questa domanda, l’architetto ha risposto dicendo:

“A me piace molto occuparmi della progettazione degli interni, cerco sempre di dare molta importanza al vivere, al benessere della persona e a come questa si sente quando entra all’interno dell’ambiente in questione. Do la priorità all’idea di spazio dove il mio cliente deve passare molto tempo. Anche gli uffici e le scuole li vedo come spazi più domestici che lavorativi.”

“La mia particolarità è che non ho uno stile unico che adatto a tutti i progetti su cui vado a lavorare. Sono abbastanza diversificati anche in base, soprattutto, a dove mi trovo, a chi ho di fronte, alle esigenze del cliente e alla stessa struttura della casa.”

“A me piace costruire un rapporto con il cliente basato su un percorso di emozioni, sfumature e sapori.
Le persone non vengono da me perché sanno che uso uno stile moderno piuttosto che classico, ma vengono da me perché sanno che vedo il mio lavoro e tutto il momento che loro passano con me come un vero e proprio percorso di costruzione e realizzazione a 360°.”

Il suo percorso”, si va creando in tre macrofasi, qui di seguito semplificate:

Come prima fase vediamo uno studio dell’ambiente e una ricerca di tutti i suoi particolari.

Nella seconda fase egli ha un confronto di idee con il cliente dove espone la sua proposta, ovvero; quello che gli piacerebbe realizzare, mantenere e modificare di quel preciso ambiente. Ascolta poi il pensiero del cliente per capire se anche lui si trova più o meno d’accordo con la sua idea e nell’ultima fase riporta all’interno di un progetto concreto le idee precedentemente discusse con il committente.

Questo processo, dice: “è un processo lungo che richiede tempo ed impegno ma che a lavori terminati ti lascia tante soddisfazioni.

Durante l’intervista Ci siamo focalizzati, in particolare, su un progetto che personalmente mi ha colpito molto, ovvero:

Il progetto dell’università in Cameron.

In questo caso, l’Arch. Saponaro ha affermato di avere dato molta importanza agli spazi condivisi, al benessere di chi studia.

Il suo obiettivo è stato quello di rivedere la funzione di un corridoio e di un’aula; Di trasformarli in veri e propri ambienti, il più possibile vicini al domestico in quanto egli afferma: “io parto sempre dal presupposto che se in un posto ci devi stare per forza, ci devi stare bene.”

Abbiamo concluso l’intervista con una riflessione sulla figura dell’architetto e sulla centralità dei lavori di ristrutturazione con il tanto discusso 110%.

“Per quanto riguarda la figura dell’architetto io credo che dovrebbe tornare a fare l’architetto più che il tecnico. Spesso viene richiesto uno sforzo molto più ampio rispetto a quello di cui questa figura si dovrebbe occupare. Adesso si interfaccia con i periti ed altri professionisti tecnici e questo porta a svalutare la sua parte artistica.

I clienti, in questi ultimi anni, oltre a modificare e migliorare la propria casa per una vera e propria esigenza del benessere abitativo, sono anche stati spinti dalla proposta 110% e dalla possibilità di poter fare i lavori di ristrutturazione senza pagare.

In tal proposito, l’Arch. Saponaro si esprime dicendo che sicuramente la casa ben coibentata è un’idea fondamentale, solo che questo ha portato, nel temp, a utilizzare i cappotti in ogni caso e situazione, andando a snaturare l’abitazione originale.

” Il 110, oltre a dare buone opportunità per alcuni, ha però di contro fatto dei bei danni perché muove le persone nel senso sbagliato. Ovvero, in questa situazione è spinta a modificare l’ambiente in cui vive, non perché ne sente l’esigenza o vede che effettivamente la casa è brutta, ma perché ci sono gli incentivi che permette loro di cambiarla.”

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